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In un piccolo centro nell’agrigentino, come in tutti gli antichi borghi, sorge un monastero. Come tutti i  monasteri la tradizione e la storia decantano delle antiche arti culinarie portate avanti nei secoli dalle laboriose e sapienti mani delle monache. Ma, non tutti i monasteri possono vantarsi di aver tra le proprie mura una singolare e misteriosa storia che ha per protagonisti una famigerata lettera dettata da Belzebù in persona ad una suora.
Siamo a Palma di Montechiaro, la Donnafugata del romanzo “Il Gattopardo”, e la famosa figura velata è Isabella Tomasi, Suor Maria Crocifissa vissuta nel XVII sec e figlia di Giulio Tomasi.


Lo scrittore siciliano ne parla come la Beata Corbera, sulla cui tomba il Principe di Salina andava a pregare, gustando in seguito i dolcetti mandorlati delle monache benedettine.
Suor Maria Crocifissa, che già era in preda a numerose visioni mistiche, nell’estate del 1676 ricevette a quanto pare una visita dal signore delle tenebre, Satana in persona che le consegnò una lettera scritta di proprio pugno, come monito da lasciare a Dio: abbandonare gli uomini ai loro peccati e alle sue maligne spire. Ne seguì una lotta in cui il demonio scagliò contro la veneranda un sasso, e la minacciò di  firmare la missiva per sottometterla al suo volere.
La Suora però riuscì ad ingannarlo scrivendo la parola “Ohimè”.

Nel tempo la lettera divenne famosa e anche temuta per via degli strani ed enigmatici segni che sembrano inumani, segni grafici che richiamano lettere di vari alfabeti, da quello greco al runico, dal cirillico a quello yazida. La famigerata lettera è stata recentemente oggetto di studio di un team di Catania del Ludum Science Center che, grazie a dei programmi informatici e ad un algoritmo ha individuato alcuni caratteri e reso possibile una probabile traduzione; fra le righe è verosimile scorgere frasi dal gusto esoterico : “ …poiché Dio Cristo Zoroastro seguono le vie antiche …” o ancora “…Forse ormai certo Stige…”.


Che sia davvero una epistola occulta o frutto dell’immaginazione di Isabella che, costretta ai voti dalla madre si è allietata ad inventare un alfabeto tutto suo, o magari il risultato di disturbi mentali, la lettera sicuramente affascina chi ha avuto l’occasione di vederla, destando un misto di solenne ossequio e cinica scherno.
Negli anni la lettera ha incuriosito vari scrittori e addirittura lo scrittore Andrea Camilleri oltre che quello di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, discendente della suora.


Lo stupore e il mistero verso la satanica epistola, ha indotto “La Domenica del Corriere”, popolare settimanale non più edito, a promulgare un concorso, assicurando un soggiorno ad Agrigento a colui che riusciva nell’ardua impresa di tradurne i simboli.
Fra ameno e serio questo però non è l’unico mistero che avvolge la cittadina di Palma...

“ Caos”, la casa di Luigi Pirandello, casale di campagna, a strapiombo sul mare, al confine tra il territorio di Agrigento e quello del comune di Porto Empedocle, è raggiungibile percorrendo la SS 115, direzione Porto Empedocle-Villaseta. La casa era, in origine, una costruzione rurale di fine Settecento, di proprietà della famiglia Ricci Gramitto, avi materni. 

In questo antico casale, la madre del Maestro Caterina Ricci Gramitto, si era rifugiata per sottrarsi all’epidemia di colera che imperversava in Sicilia nel 1867. Passato ad altri proprietari in seguito al fallimento economico della famiglia Pirandello, l’edificio fu leso dallo scoppio di un vicino deposito di munizioni americane nel 1943.
Venne dichiarata monumento nazionale nel 1949  e tre anni dopo la Regione Sicilia iniziò i lavori di restauro col suo acquisto.

Il pianterreno ospita, periodicamente, mostre a Lui dedicate.
Le stanze del piano superiore, offrono vista sulla campagna circostante e custodiscono oggetti personali, fotografie, lettere, manoscritti, onorificenze, recensioni, prime edizioni di libri con dediche, locandine delle opere più famose e il vaso greco usato per traslare le sue ceneri ad Agrigento. 

Dal 1987 la casa costituisce un unico istituto con la Biblioteca Luigi Pirandello.
La Biblioteca Luigi Pirandello, è un centro di documentazione multimediale sul drammaturgo, che conserva una cospicua varietà di documenti e materiali rari.

Di estremo interesse sono i documenti provenienti dagli eredi, atti autografi, circa 5.000, diversi cimeli personali, in particolare la tessera del partito fascista del 1936, la tessera della Reale Accademia d’Italia, il libretto universitario di Bonn del 1889, il taccuino di Bonn, tra lettere, copioni teatrali manoscritti e dattiloscritti, frammenti, ritagli di giornali e molto altro.

Un vialetto vicino attraversa la campagna e porta al luogo del famoso Pino di Pirandello, purtroppo non più esistente;
 “… sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti dove nacqui”. Qui, per esaudire il desiderio espresso dallo scrittore nelle sue ultime volontà, un cippo di pietra ritoccato dallo scultore Marino Mazzacurati ospita l’urna con le ceneri di Luigi Pirandello

Le stanze della Casa di Pirandello ad Agrigento ospitano una vasta collezione di fotografie, onorificenze, recensioni, quadri d’autore, locandine delle sue opere più famose e le prime edizioni di libri con dediche autografe.

Nella tarda mattinata del 23 Maggio 2009, a Vigata, o per meglio dire, Porto Empedocle (AG), è stata inaugurata, alla presenza di Andrea Camilleri, la statua bronzea raffigurante il commissario Salvo Montalbano. Realizzata dallo scultore Giuseppe Agnello, è stata collocata sulla centralissima via Roma. Nulla a che vedere con Luca Zingaretti che, magnificamente lo ha portato nelle nostre case: il vero Salvo Montalbano è un uomo di 60 anni, baffuto, con una capigliatura folta e la fronte segnata da evidenti e profonde rughe.

Il Commissario Montalbano non è solo un simbolo della Sicilia, ma ha portato l’attenzione verso una delle regioni più belle d’Italia; la cittadina marinara di Porto Empedocle, città natale dello scrittore ha così finalmente reso omaggio ad un illustre cittadino.

La bella statua, voluta dal sindaco Calogero Firetto ha calcato idea di un altro sindaco dell'Agrigentino, Salvatore Petrotto, che anni fa ha fatto collocare la statua dello scrittore Leonardo Sciascia su un marciapiede di Racalmuto.

In località Durrueli, fra Punta Grande e Punta Piccola, si possono oggi avvistare i resti di una villa romana datata I secolo d.C., un piccolo gioiello tutto siculo di raro splendore: la Villa Romana di Realmonte

Di età imperiale, sorge in un sito geografico tipico delle villae maritimae, a poca distanza dal mare ed alle spalle le caratteristiche colline marnose della zona, nelle quali, gli scavi hanno rinvenuto segni di antiche civiltà, necropoli e reperti di caccia.

La “Domus romana”, come tutte le ville dell’epoca è caratterizzata da un peristilio a colonne, ove si sviluppavano i vari ambienti della casa, ed un “impluvium” (vasca di raccolta dell’acqua piovana) nel giardino interno, il nucleo vitale del’ abitazione.

Alcuni ambienti sono dotati di bei mosaici in bianco e nero, altri in marmo policromo che raffigurano scene e divinità marine: bellissimi quelli di Poseidone sull’ippocampo e del Tritone trainato su un cocchio da due mostri marini,“il mosaico del delfino”, che dà una testimonianza evidente di una Villa che apparteneva, per certo, a qualche personaggio di spicco dell’epoca.

L’ipotesi è avvalorata anche dalla presenza di una piccola termae privata, sul lato occidentale della Villa – con tutti gli ambienti tipici: frigidariumtepidarium e calidarium – che testimonia la floridezza economica e l’elevata posizione sociale del padrone di casa.

Oltre allo splendido panorama, l’edificio lascia stupiti  per la complessa architettura contraddistinta in due settori principali: uno abitativo, con peristilio-giardino, cubicula (camere da letto), tablinum (sala-soggiorno), triclinium (sala da pranzo), e i magazzini.

E poi saloni per il ricevimento e i vani per il riposo dove i pavimenti si intervallano tra tessere colorate a tessere bianche e nere, secondo la moda della tradizione in quella fase dell’impero

L’altro settore è quello termale, costituito da: spogliatoio (apodyteria),  col suo splendido pavimento mosaicato in tasselli neri e rosa e la rappresentazione di Scilla, mitico mostro marino; il calidarium e il frigidarium, con pareti rivestite in marmo e pavimento mosaicato, da cui si accedeva ad una grande vasca circolare con le pareti marmoree.

Un susseguirsi di pavimenti musivi floreali, complessi disegni geometrici, tessere le cui cromie spaziano dal rosa al giallo al verde, le belle colonne con ancora la cromìa di un tempo.

La villa sarebbe appartenuta ad un personalità della famosa casata degli Annii: per vezzo, narcisismo o megalomania, il domus chiese di produrre i coppi per il tetto con impressi il monogramma delle sue iniziali e, anche grazie ad un monogramma, ne conosciamo l’identità :Publius Annius, esponente ed imprenditore dello zolfo di cui Akragas era ricca.

Opulenza e lusso, come si conveniva a un uomo del suo rango.

Frutto di una scoperta casuale avvenuta nel 1907 durante gli scavi per la ferrovia che doveva collegare Porto Empedocle a Siculiana, è stata riportata alla luce a partire dal 1908 dal soprintendente Antonio Salinas.

Una scoperta che fece scalpore, tanto che il tracciato ferroviario fu subito spostato. Gli scavi però si fermarono presto, ripresi solo tra il 1979 e il 1983, con gli archeologi dell’università giapponese di Tsukuba guidati da Masanori Aoyagi.

Le indagini proseguirono grazie ai fondi europei nel 2004 e 2008 e ad oggi è possibile visitare questo importante sito.

La spiaggia di Gelonardo, conosciuta con il nome di spiaggia di Giallonardo, è una delle più belle di Realmonte anche se non è tra le più famose, perché primeggiano luoghi come Scala dei Turchi, San Leone o Punta Bianca.
É un bellissimo lido caratterizzato da una soffice sabbia dorata, attorniato una suggestiva falesia formata da banchi di gesso, i cui cristalli brillano e creano giochi di luce durante tutto l’arco della giornata e danno vita a suggestivi tramonti; nel tempo è riuscita a conservare il suo aspetto primitivo tanto da esser scelto come luogo dai falchi mediterranei per i loro nidi.  
Il litorale è accarezzato da un mare azzurro e lucente con i fondali bassi e sabbiosi: si possono ammirare bei tramonti
Da una parte domina l’ampia spiaggia chiamata Baia delle Sirene: lì vanno a nidificare le tartarughe caretta caretta
All’altra estremità, invece, si trova la lunga spiaggia stretta conosciuta come la Spiaggetta, presa d’assalto per l’argilla che sovente turisti e bagnanti usano cospargersi sul corpo come trattamento naturale; è molto affascinante perché offre varie sfumature di colore nei toni del giallo e del rosso.
Immediatamente dopo Giallonardo, nella direzione di Agrigento, si trova la spiaggia detta Le Pergole, che sorge al di sotto della Torre di Monterosso, risalente al quindicesimo secolo. 

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