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Palma di Montechiaro, piccola cittadina in provincia di Agrigento, risulta abitata già dal II millennio a.C. come dimostrano le presenze di numerose tombe sicane.

Secondo un ipotesi, il suo nome trae origine dai palmizi che fiancheggiano il vicino fiume, oppure al fatto che nello stemma gentilizio della famiglia De Caro, fondatori della cittadina, da cui discendono i Tomasi, vi era una palma su campo azzurro.

Il primo atto della storia di Palma, è la costruzione del castello nel 1353 ad opera di Federico Prefoglio che di lì a poco passò alla famiglia dei Chiaramonte, da cui prese il nome.

La fondazione della città di Palma porta la data del 3 maggio 1637: fu la baronia di Montechiaro, grazie ai fratelli gemelli Giulio Tomasi e Carlo che ottenne il 16 gennaio 1637 la "licentia populandi" dal re Filippo IV di Spagna.

Fu però un potente zio dei gemelli, Mario Tomasi de Caro, l'effettivo artefice della fondazione.

Capitano del Sant'Uffizio dell'Inquisizione di Licata e governatore della stessa città, si deve alla sua persona la posa della prima pietra della Chiesa della Vergine del Rosario.

A difesa della città dagli attacchi provenienti dal mare dei pirati saraceni il duca Carlo fece costruire, dopo avere ottenuto il permesso da Filippo IV di Spagna, una torre che dedicò a San Carlo.

La pianta della città, doveva seguire un ideale pianta ortogonale, secondo i progetti  redatti dall'astronomo e primo arciprete di Palma, Giovan Battista Odierna. Egli si occupò di redigere il progetto del nuovo centro, sulla base di complessi calcoli astronomici relativi alla posizione degli astri nel giorno e nell’ora della fondazione del paese.

Nella Chiesa di Maria Santissima del Rosario, nella sacrestia, si conserva una tela che raffigura l'Odierna al suo tavolo di studio con un disegno col titolo “Chronologia Terrae Palmae”.

La storia di Palma è fortemente intrecciata con quella della famiglia Tomasi di Lampedusa di cui Giuseppe Tomasi, lo scrittore è l’esponente più conosciuto.

Il capostipite, Mario Tomasi, era giunto in Sicilia al seguito di Marcantonio Colonna, che lo aveva nominato Capitano d'armi di Licata, solo nel 1585. Il matrimonio con Francesca Caro di Montechiaro segnò la sua accettazione nell'alto ceto dell’aristocrazia nobiliare.

Giulio, detto il Duca Santo, cagionevole di salute e da sempre attratto dalla vita monastica, lascia la moglie (grazie ad una concessione papale) Rosalia Traina, nipote del potente Vescovo di Agrigento per entrare nell'Ordine dei chierici regolari teatini.

Rosalia Traina, prima duchessa di Palma, decide a sua volta di entrare in monastero insieme alle figlie, col nome di Suor Maria Seppellita e lì rimane sino alla sua morte. Il monastero era stato fortemente voluto da una delle figlie del Duca, Isabella Tomasi (la Beata Corbera del Gattopardo).

Isabella, una delle figlie, entrata nel monastero col nome di Suor Maria Crocifissa della Concezione divenne una celebre mistica, punto di riferimento dei nobili della Sicilia e non per il suo fervore religioso e il suo grande misticismo, nella sua biografia si ricordano innumerevoli tentazioni da parte del demonio, e lettere colme di fede e devozione. Famosa è a tal proposito la famigerata “Lettera del Diavolo”.

Il penultimo dei Tomasi di Lampedusa Giuseppe, autore de "Il Gattopardo", possedeva ancora vaste proprietà nella zona di Palma, e vi ambientò gran parte delle vicende del suo romanzo, mascherandone il nome in "Donnafugata".

Innumerevoli furono le iniziative sociali e filantropiche dei Tomasi,: la costruzione della Chiesa di Santa Maria della Luce, costituzione una sorta di sussidi di disoccupazione, colonna frumentaria (una sorta di monte di pietà), costruzione di  un ospedale, un asilo per le fanciulle bisognose e un collegio per la rieducazione delle "reepentite ".

La prima dimora dei Tomasi in Palma è il Palazzo ducale che nel 1659 fu trasformato in Monastero delle Benedettine per accogliere le figlie e la moglie del Duca Santo. Attigua al Monastero vi è la chiesetta di Maria Santissima del Rosario. Entrambi esempio pregevole del barocco siciliano.

Altro esempio del barocco siciliano è la Chiesa Madre, con annessi l'Oratorio del Santissimo Sacramento e l'Oratorio del Santissimo Rosario, che sorge maestosa in cima ad una lunga e larga scalinata. Sono ancora da ricordare l'ex convento dei Padri Scolopi, oggi sede del Comune, con annessa la chiesa della Sacra Famiglia, la Chiesa di Sant'Angelo, detta della Batiella. Altre chiese sono degne di menzione come la Chiesa del Purgatorio e la Chiesa del Collegio di Maria.

Nel 1812 Palma venne eletto a comune autonomo.

L'11 luglio del 1943, fu teatro dello lo sbarco anglo-americano in Sicilia.

Nel dopoguerra, diverrà terra di forte emigrazione, specie verso il nord Italia ed i paesi dell'Europa Occidentale.

Tra le testimonianze storico-architettoniche degne di nota sono: il Palazzo Ducale, costruito nel Seicento, in stile barocco; la chiesa del Santissimo Rosario, la cui struttura originaria è del 1637; la chiesa madre, innalzata nel XVIII secolo, al cui interno è custodita la tomba dell’astronomo G.B. Odierna (1597-1660); il monastero di Maria Santissima del Rosario; il castello dei Chiaromonte, del periodo medievale; la torre di San Carlo, edificata nel Seicento.

Poco lontano dal centro urbano è possibile ammirare il sito archeologico di contrada Piano del Vento.

In un piccolo centro nell’agrigentino, come in tutti gli antichi borghi, sorge un monastero. Come tutti i  monasteri la tradizione e la storia decantano delle antiche arti culinarie portate avanti nei secoli dalle laboriose e sapienti mani delle monache. Ma, non tutti i monasteri possono vantarsi di aver tra le proprie mura una singolare e misteriosa storia che ha per protagonisti una famigerata lettera dettata da Belzebù in persona ad una suora.
Siamo a Palma di Montechiaro, la Donnafugata del romanzo “Il Gattopardo”, e la famosa figura velata è Isabella Tomasi, Suor Maria Crocifissa vissuta nel XVII sec e figlia di Giulio Tomasi.


Lo scrittore siciliano ne parla come la Beata Corbera, sulla cui tomba il Principe di Salina andava a pregare, gustando in seguito i dolcetti mandorlati delle monache benedettine.
Suor Maria Crocifissa, che già era in preda a numerose visioni mistiche, nell’estate del 1676 ricevette a quanto pare una visita dal signore delle tenebre, Satana in persona che le consegnò una lettera scritta di proprio pugno, come monito da lasciare a Dio: abbandonare gli uomini ai loro peccati e alle sue maligne spire. Ne seguì una lotta in cui il demonio scagliò contro la veneranda un sasso, e la minacciò di  firmare la missiva per sottometterla al suo volere.
La Suora però riuscì ad ingannarlo scrivendo la parola “Ohimè”.

Nel tempo la lettera divenne famosa e anche temuta per via degli strani ed enigmatici segni che sembrano inumani, segni grafici che richiamano lettere di vari alfabeti, da quello greco al runico, dal cirillico a quello yazida. La famigerata lettera è stata recentemente oggetto di studio di un team di Catania del Ludum Science Center che, grazie a dei programmi informatici e ad un algoritmo ha individuato alcuni caratteri e reso possibile una probabile traduzione; fra le righe è verosimile scorgere frasi dal gusto esoterico : “ …poiché Dio Cristo Zoroastro seguono le vie antiche …” o ancora “…Forse ormai certo Stige…”.


Che sia davvero una epistola occulta o frutto dell’immaginazione di Isabella che, costretta ai voti dalla madre si è allietata ad inventare un alfabeto tutto suo, o magari il risultato di disturbi mentali, la lettera sicuramente affascina chi ha avuto l’occasione di vederla, destando un misto di solenne ossequio e cinica scherno.
Negli anni la lettera ha incuriosito vari scrittori e addirittura lo scrittore Andrea Camilleri oltre che quello di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, discendente della suora.


Lo stupore e il mistero verso la satanica epistola, ha indotto “La Domenica del Corriere”, popolare settimanale non più edito, a promulgare un concorso, assicurando un soggiorno ad Agrigento a colui che riusciva nell’ardua impresa di tradurne i simboli.
Fra ameno e serio questo però non è l’unico mistero che avvolge la cittadina di Palma...

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