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In località Durrueli, fra Punta Grande e Punta Piccola, si possono oggi avvistare i resti di una villa romana datata I secolo d.C., un piccolo gioiello tutto siculo di raro splendore: la Villa Romana di Realmonte

Di età imperiale, sorge in un sito geografico tipico delle villae maritimae, a poca distanza dal mare ed alle spalle le caratteristiche colline marnose della zona, nelle quali, gli scavi hanno rinvenuto segni di antiche civiltà, necropoli e reperti di caccia.

La “Domus romana”, come tutte le ville dell’epoca è caratterizzata da un peristilio a colonne, ove si sviluppavano i vari ambienti della casa, ed un “impluvium” (vasca di raccolta dell’acqua piovana) nel giardino interno, il nucleo vitale del’ abitazione.

Alcuni ambienti sono dotati di bei mosaici in bianco e nero, altri in marmo policromo che raffigurano scene e divinità marine: bellissimi quelli di Poseidone sull’ippocampo e del Tritone trainato su un cocchio da due mostri marini,“il mosaico del delfino”, che dà una testimonianza evidente di una Villa che apparteneva, per certo, a qualche personaggio di spicco dell’epoca.

L’ipotesi è avvalorata anche dalla presenza di una piccola termae privata, sul lato occidentale della Villa – con tutti gli ambienti tipici: frigidariumtepidarium e calidarium – che testimonia la floridezza economica e l’elevata posizione sociale del padrone di casa.

Oltre allo splendido panorama, l’edificio lascia stupiti  per la complessa architettura contraddistinta in due settori principali: uno abitativo, con peristilio-giardino, cubicula (camere da letto), tablinum (sala-soggiorno), triclinium (sala da pranzo), e i magazzini.

E poi saloni per il ricevimento e i vani per il riposo dove i pavimenti si intervallano tra tessere colorate a tessere bianche e nere, secondo la moda della tradizione in quella fase dell’impero

L’altro settore è quello termale, costituito da: spogliatoio (apodyteria),  col suo splendido pavimento mosaicato in tasselli neri e rosa e la rappresentazione di Scilla, mitico mostro marino; il calidarium e il frigidarium, con pareti rivestite in marmo e pavimento mosaicato, da cui si accedeva ad una grande vasca circolare con le pareti marmoree.

Un susseguirsi di pavimenti musivi floreali, complessi disegni geometrici, tessere le cui cromie spaziano dal rosa al giallo al verde, le belle colonne con ancora la cromìa di un tempo.

La villa sarebbe appartenuta ad un personalità della famosa casata degli Annii: per vezzo, narcisismo o megalomania, il domus chiese di produrre i coppi per il tetto con impressi il monogramma delle sue iniziali e, anche grazie ad un monogramma, ne conosciamo l’identità :Publius Annius, esponente ed imprenditore dello zolfo di cui Akragas era ricca.

Opulenza e lusso, come si conveniva a un uomo del suo rango.

Frutto di una scoperta casuale avvenuta nel 1907 durante gli scavi per la ferrovia che doveva collegare Porto Empedocle a Siculiana, è stata riportata alla luce a partire dal 1908 dal soprintendente Antonio Salinas.

Una scoperta che fece scalpore, tanto che il tracciato ferroviario fu subito spostato. Gli scavi però si fermarono presto, ripresi solo tra il 1979 e il 1983, con gli archeologi dell’università giapponese di Tsukuba guidati da Masanori Aoyagi.

Le indagini proseguirono grazie ai fondi europei nel 2004 e 2008 e ad oggi è possibile visitare questo importante sito.

La spiaggia di Gelonardo, conosciuta con il nome di spiaggia di Giallonardo, è una delle più belle di Realmonte anche se non è tra le più famose, perché primeggiano luoghi come Scala dei Turchi, San Leone o Punta Bianca.
É un bellissimo lido caratterizzato da una soffice sabbia dorata, attorniato una suggestiva falesia formata da banchi di gesso, i cui cristalli brillano e creano giochi di luce durante tutto l’arco della giornata e danno vita a suggestivi tramonti; nel tempo è riuscita a conservare il suo aspetto primitivo tanto da esser scelto come luogo dai falchi mediterranei per i loro nidi.  
Il litorale è accarezzato da un mare azzurro e lucente con i fondali bassi e sabbiosi: si possono ammirare bei tramonti
Da una parte domina l’ampia spiaggia chiamata Baia delle Sirene: lì vanno a nidificare le tartarughe caretta caretta
All’altra estremità, invece, si trova la lunga spiaggia stretta conosciuta come la Spiaggetta, presa d’assalto per l’argilla che sovente turisti e bagnanti usano cospargersi sul corpo come trattamento naturale; è molto affascinante perché offre varie sfumature di colore nei toni del giallo e del rosso.
Immediatamente dopo Giallonardo, nella direzione di Agrigento, si trova la spiaggia detta Le Pergole, che sorge al di sotto della Torre di Monterosso, risalente al quindicesimo secolo. 

Se citiamo Realmonte, cittadina poco distante da Agrigento, pensiamo subito alla Scala dei Turchi, ma questo piccolo borgo offre molti patrimoni, soprattutto naturali, da scoprire e conoscere. C'è un insolito ma spettacolare tesoro da scoprire e visitare, una bellezza nascosta si trova nel sottosuolo: una miniera di sale che ospita un luogo di culto unico in Italia.

È la Cattedrale di Sale di Realmonte, che, insieme alla miniera di Racalmuto e a quella di Petralia Soprana, è una delle tre miniere siciliane di salgemma ancora attive, con una produzione di kainite e circa 500mila tonnellate di sale all’anno.

È un luogo dal fascino imperdibile, che narra un’antica tradizione di questo territorio, legato all’ estrazione del sale.

Il giacimento salino della Miniera di Salgemma a Realmonte, si trova nella contrata di Scavuzzo è di origine mesozoica, formatasi circa 100 milioni di anni fa, uno dei più grandi e antichi dell’intera Sicilia. Questo sito si estende fino a oltre 600 metri di profondità, conservando un enorme quantitativo salino, la maggior parte ancora da estrarre. Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, questo luogo è stato impiegato per l’estrazione salina, da cui si ottiene il noto Sale di Sicilia, che è ancora oggi commerciato in tutto il mondo con grande successo.

Questo giacimento non è solo un importante sito di estrazione del salgemma ma, è anche un luogo di culto unico al mondo, seppure poco noto.

La “Cattedrale del Sale”, chiesa singolare nel suo genere, è stata realizzata dai minatori intorno al 2000 ed è interamente costituita e decorata nel sale.

Accedendo grazie a dei bus navetta è possibile viaggiare in un modo cristallino, quasi magico ed incantato: attraverso gallerie e cunicoli di vari livelli, scavati dai minatori stessi, è possibile ammirare quello che è un tesoro unico al mondo per le sue particolarità.

Le pareti sono di halite purissima(nome scientifico del salgemma): tutto è scolpito col sale, dall'altare al pulpito, dal gruppo scultoreo della Sacra Famiglia alla raffigurazione di Santa Barbara, inclusi i bassorilievi, il battistero e la mensa dove è raffigurato l’Agnello, simbolo di Cristo.

Tutto è un’incantevole sfumatura che va dal bianco al grigio chiaro in particolare il cosiddetto “rosone”, formatosi dall’incrocio del salgemma con altri sali.

Il salgemma, offre bellezze dovute alla sua peculiarità: cerchi concentrici di colori diversi, spirali che si incrociano fra loro e generano delle onde dai chiaroscuri suggestivi e seducenti, onde che sembrano quelle del mare… un luogo di pura seduzione ed incanto che lascia senza fiato.

 

 

La storia racconta di due giovani, Rosalia, figlia di un ricco signore di Realmonte, e Peppe, un giovane di umili origini. I due ragazzi si incontrarono un giorno per caso, quando Rosalia tornava dalla passeggiata quotidiana, in compagnia della sua governante e Peppe trasportava un sacco pieno di fave.

due si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra. Ma come in tutte le storie che si rispettano, il loro amore fu subito ostacolato dal padre di Rosalia, che non voleva per la figlia un povero operaio come marito.

Sconsolata per non poter vivere pienamente quell’amore amore, Rosalia iniziò a non toccare più cibo né acqua e lentamente iniziò a deperire. A quel punto il padre consultò un medico, il quale disse che la ragazza era malata di ‘tristezza’ e ordinò delle lunghe passeggiate all’aria aperta che divennero quindi occasione d’incontro fra Peppe e Rosalia

Questo però non sfuggì all’occhio malevolo e invidioso della vecchia governante, che raccontò tutto al padre della fanciulla.

Furente per l’inganno, il padre decise allora di rinchiudere Rosalia in un monastero sperduto lontano da Realmonte per porre fine a quell’amore.

Ma, Rosalia riuscì a fuggire da casa e raccontò tutto a Peppe. I due amanti, afflitti e sconsolati, presero la più drammatica e dolorosa scelta: se non potevano vivere insieme, sarebbero morti insieme “uniti per la vita e per la morte”.

A questo punto la storia diverge. Alcuni dicono che i due ragazzi si siano arrampicati in cima alla Scala dei Turchi, altri che abbiamo raggiunto la poco distante scogliera di Capo Rossello; comunque sia, l’epilogo è lo stesso e Rosalia e Peppe si sono lanciati nel vuoto, precipitando a picco in mare, mano nella mano.

Si narra che, alcuni anni dopo, proprio nel punto esatto dove i due giovani rinunciarono alla vita, spuntarono due scogli legati da una sottile lingua di roccia.

La formazione di pietra è indicata sulle mappe come “scoglio Gucciarda”, ma la gente del posto è convinta che si tratti di Rosalia e Peppe e la chiama “U Zitu e a Zita”.

 Molti giurano che, nelle notti di luna piena quando il mare è in bonaccia, chi si trova a passare con un’imbarcazione nei pressi può udire la dolce voce di Rosalia che canta una nenia triste su questo sfortunato amore mai vissuto.

A pochi passi dalla Valle dei Templi, si eleva dalle spiagge dorate una rara bellezza geologica: la Scala dei Turchi che con i suoi gradoni bianchi, domina da secoli la costa di Realmonte ed è uno dei simboli della Sicilia.

Le sue origini risalgono al Pliocene, tra i dai 2,5 ai 5 milioni di anni fa. Il sollevamento delle terre nei pressi dello stretto di Gibilterra ha comportato l’isolamento del mar Mediterraneo dall’oceano Atlantico causando così il prosciugamento delle acque e la sedimentazione di vari minerali: carbonati, gessi, salgemma, gessi. Quando lo stretto di Gibilterra si riaprì, l’acqua invase il bacino provocando il deposito dei sedimenti marini sui fondali e successivamente, lo scontrarsi della placca africana con quella euro-asiatica, contribuì a far riaffiorare dalle acque questa conformazione. Il vento, la pioggia e il mare hanno infine contribuito ad erodere la superficie.

È una falesia, cioè un costone a picco sul mare, composta da marna, una roccia argillosa e calcarea ed il suo tipico colore è dovuto ai Trubi che le conferiscono delle sfumature uniche dal bianco al crema, dal giallastro al bruno; è inoltre costituita da microfossili, gusci di conchiglia dalle dimensioni piccolissime che vivevano sui fondali marini prima che la Scala dei Turchi emergesse dalle acque.

I Trubi sono una formazione geologica tipica della Sicilia e la loro composizione è all’origine del profilo a gradoni della Scala dei Turchi. Il vento e l’acqua consumano con maggiore facilità la marna, mentre la roccia calcarea è più resistente. La differente velocità di erosione ha portato alla comparsa dei grandi “scalini”, mentre gli agenti atmosferici continuano a modellare la scogliera ancora oggi. La Scala dei Turchi presenta una forma ondulata, mossa, quasi a richiamare le onde del mare ai suoi piedi, con linee morbide, dolci e rotondeggianti.

L’imponente ed unico monumento naturale non è solo uno straordinario patrimonio di valore e bellezza, ma è soprattutto un bene molto fragile. L’erosione, il turismo di massa e anche i tristi casi di abusivismo edilizio hanno compromesso la stabilità del promontorio.

Il motivo per cui il sito viene chiamato “Scala dei Turchi” affonda le radici ai tempi dei saraceni. La leggenda locale, infatti, narra che i corsari saraceni del ‘500 i “Turchi”, cioè tutte quelle popolazioni che un tempo erano dedite alla pirateria, si arrampicavano su quei “gradini” naturali raggiungendo la cima della scogliera per rubare e conquistare i territori.

Ma, quando venne fondata la città di Realmonte, avvenuta secondo la ricostruzione storica in seguito alla battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571, ovvero dopo la sconfitta degli Arabi ad opera dei Cristiani, le loro incursioni diminuirono drasticamente.

Secondo i documenti dell’epoca, furono proprio le navi del Governo siciliano a dare l’assalto ai Saraceni: esisteva infatti una disposizione dei Vicerè per la quale chi catturava un turco ne diventava proprietario; da qui nasce il famoso detto siciliano ‘cu piglia un turcu è so’: chi riesce a catturare un turco se lo prende come schiavo, detto che tutt’oggi è vivo in Sicilia e viene citato nelle occasioni in cui regna disordine e  ognuno cerca di arrangiarsi come può.

La parola ‘Scala’, è probabilmente un’alterazione del vocabolo di origine araba ‘Kallà‘, ossia “luogo riparato dai venti” o  ‘porto’.

Le viste turistiche, le qualità storico-geologiche e le attrattive culturali della falesia, hanno portato l’Amministrazione comunale alla pratica per il riconoscimento della località come patrimonio dell’Unesco, al fine di tutelare la marna dal turismo selvaggio di massa. I numerosi crolli hanno compromesso la stabilità del promontorio e rappresentano un pericolo per l’incolumità delle persone.

Un luogo di osservazione per godere della bellezza della Scala dei Turchi è il belvedere del FAI (Fondo Ambiente Italiano) a ridosso della strada provinciale di Realmonte realizzato nell’ambito di un progetto di recupero e valorizzazione del territorio insignito della targa “I luoghi del cuore”. La Scala dei Turchi è stata proposta per diventare sito Patrimonio UNESCO

Al successo mondiale del sito hanno contribuito i romanzi e la serie tv di Andrea Camilleri con le indagini del commissario Montalbano ma anche le attenzioni di  alcuni registi che hanno trasformato il sito in set per i loro film, fra i quali Malena del regista premio Oscar Giuseppe Tornatore.

Questo straordinario posto, come molti altri in Sicilia è inoltre legato alla storia di due sfortunati amanti, due dei tanti Romeo e Giulietta dell’isola, cioè la leggenda di  ‘U Zitu e a Zita’.

 

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