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Incantevole cittadina di origini arabe, Sambuca di Sicilia, “Zabut”, adagiata ai piedi di Monte Adranone, affascina chiunque ha la fortuna di imbattersi fra le sue vie e le sua storia.
Le sue origini e il suo nome sono incerti, potrebbe derivare da un antico strumento greco simile all’arpa, sambýkē, da cui deriva il simbolo della città, visibile sullo stemma del comune e all’ingresso del paese.
O forse, dalle piante di Sambuco che un tempo circondavano la città, anticamente abitata dai Sicani, popolazione autoctona che fondarono una città della quale restano un importante sito archeologico e numerosi reperti.

Chissà, magari è stato il leggendario emiro Al Zabut, “lo Splendido”, ad influenzare e battezzare col suo nome Sambuca.
Di storia, leggende, arte e tradizioni la cittadina ne è ricca : già dalla sua fondazione intorno all’anno 830 ad opera degli Arabi durante la conquista islamica dell’Isola, l’antica Al-Zabut sorgeva alle pendici di Monte Genuardo, ancora oggi, se ne conservano le origini: attraversando le strette viuzze, i tortuosi vicoli, gli archi e i cortili,  l’impianto islamico è ben visibile nel “quartiere arabo” e, come uno spettro, anche nel fortino di Mazzallakkar, sulle sponde del Lago Arancio, riemerge come uno spettro silenzioso solo in alcuni mesi d’estate.

…. a proposito di spettri e fantasmi, i vicoli saraceni, sono pane per gli avventurosi….provate a passeggiare di notte, lungo il vicolo Fantasma, chissà magari potreste imbattervi negli spettri dei soldati arabi sconfitti dai Normanni: numerose sono le testimonianze di urla, gemiti e lamenti; proprio in questo quartiere sorgono le “purrere” : cunicoli dove anticamente si scavava il tufo per la costruzione delle case.  In questi spazi, intorno al 1300-1400 furono rinchiusi i saraceni, che vi finirono i loro giorni sterminati dall’esercito di Federico II.

Negli anni, in questa piccola casbah durante la notte si avvistavano dei fantasmi, alcuni dei quali vestiti da saraceni a cavallo, che sparivano tra un vicolo e l’altro. I sambucesi, spaventati, realizzarono, intorno al 1550, la piccola cappella dedicata alla Madonna della Scala. Intorno al 1800 la via principale del quartiere venne chiamata via Fantasma, a memoria di questo. 
Ma c’è chi racconta di uno spettro di donna, spettro che, secondo i racconti popolari, è quello di una donna che ammaliava e seduceva ogni uomo di chiesa che metteva piede nella cittadina.
La cittadina-fortezza di Zabut, a seguito della deportazione dei saraceni fu lentamente ricostruita.

Come attestano documenti datati il ‘500, nel territorio vi era un forte presenza ebraica, un consolidamento urbano attestato dai numerosi palazzi che si amplifica durante il barocco con la nascita dell’asse principale il Corso, lungo il quale si sviluppa il nuovo cuore della città abbandonando così l’antico insediamento arabo. Anche i Gesuiti arrivarono a Sambuca, edificando dapprima una Cappelletta e successivamente una chiesetta tutt’oggi presente intitolata a Maria SS del Rosario.

L’antico castello di Zabut, nell’ Ottocento si riduce a carcere e a poco a poco viene smembrato e poi demolito;  oggi ne resta soltanto il terrazzo Belvedere. Nonostante ciò proprio in questo secolo nasce il piccolo Teatro l’Idea, la cittadina viene inserita nella rotabile Palermo Chiusa Sambuca Sciacca a testimoniare l’importanza della cittadina come centro produttivo di vino, olio, mandorle.

L’attuale denominazione viene sancita nel 1923, durante il periodo fascista, quando Benito Mussolini cancellò Zabut dal nome aggiungendo “di Sicilia”.
Sambuca subì moderati danni durante il terrificante terremoto del Belice del 1968 : oltre alle ricostruzioni centro storico e del teatro venne edificato un nuovo quartiere periferico.
Sul finire del secolo venne istituita la Fondazione Gianbecchina, presso l’ex chiesa di San Calogero a memoria del pittore sambucese.
Di recente istituzione è il museo archeologico Palazzo Panitteri, che accoglie i reperti di Monte Adranone.
Per la storia, i paesaggi incantevoli, la ricchezza del territorio e la vivibilità, Sambuca di Sicilia è stata inclusa nel 2014 nel club “borghi più belli d’italia” e nel 2016 è stata proclamata Borgo più bello dopo una lunga votazione online.
Attualmente è conosciuta in tutto il mondo per l’iniziativa "Case a 1 Euro" che ha portato a vendere vecchi immobili svalutati alla cifra di 1 euro al fine di valorizzare fatiscenti case abbandonate.

 

 

Sorge nella zona di Adragna, la piccola chiesa di origini normanne dedicata a Maria bambina, unico elemento rimasto integro di un antico casale che ivi sorgeva.

In questa zona, vissero i cristiani sotto il dominio arabo, liberi di professare la loro fede sotto pagamento della gèsia, un tributo per continuare a professare la oro fede e restare possessori dei loro beni. Durante il periodo normanno, tali beni vennero chiamati “allodi”, o “borgensatici”, da borgesi, nome attribuiti ai possessori che abitavano in campagna. Secoli più avanti, tali terreni vennero comprati dal Marchesedella Sambuca, don Giuseppe Beccdelli di Bologna che fece costruire un mulino che forniva l’acqua alla città.

 
Edificata intorno al 1420 su una parte dell’antico castello di Zabut, si trova nel quartiere arabo. Presenta caratteristiche arabo normanne, come il portale, sormontato da un finestrone, che si fondono con elementi rinascimentali visibili nella cupola che si erge nell’ incrocio fra il transetto e la navata centrale ed il portale laterale destro visibile in Piazza Baldi Centellis ispirata a motivi quattrocenteschi.

 L’interno a tre navate è a croce latina, divise da colonne che sorreggono archi a tutto sesto. Elemento dell’antico castello è riscontrabile nel campanile, una volta torre di difesa del catello dell’emiro; esso termina con una guglia piramidale decorata da piastrelle di ceramica policroma.

In origine dedicata a Santa Barbara e poi a S.Pietro Apostolo, nel 1642 fu ampliata dalla marchesa Donna Giulia Baldi Centellis e dalla sorella Maria e dedicata al culto di Maria SS. Assunta.
La chiesa, danneggiata dal terremoto del Belice è rimasta chiusa per ben 51 anni. Grazie al Comitato “Salviamo la Matrice”, nato dalla volontà di ripristinare e restaurare la struttura, il comune  è riuscito a bandire una gara di appalto per il rifacimento del pavimento, il recupero dell’altare maggiore e interventi per il consolidamento del tetto.
La Chiesa è stata riaperta al culto il 26 Gennaio 2019 con una Messa solenne celebrata dall’allora Vescovo Francesco Montenegro.


Costruita intorno al 1530 dal Marchese della Sambuca Don Salvatore Bardi Mastrantonio e dedicata in origine a S. Antonio Abate la chiesa fu Ampliata e modificata nel corso del tempo, fu completata intorno al 1928. 
La più importante tra le chiese sambucine, ospita la pregiata statua marmorea attribuita ad Antonello Gagini  raffigurante la Madonna dell’Udienza la cui devozione è molto sentita e il cui culto viene celebrato ogni anno la terza domenica di Maggio

Sempre Di gusto gaginiano all’ interno la statua marmorea di S.Anna con Maria fanciulla, un crocifisso ligneo datato XVII secolo, un fercolo ligneo culminante in una corona sorretta da colonnine dorate. Il fercolo, viene usato durante la processione di Maria dell’ Udienza da “i nudi”, cento uomini che sorreggono fercolo e statua, portando in processione la statua in memoria del miracolo che si verificò nel 1575 in cui il paese era afflitto dalla peste.
All’interno della chiesa sono presenti monumenti funebri in onore di uomini illustri sambucesi, fra i quali quella degli Sciarrino il cui nome è legato alla Statua di Maria dell’Udienza. Con la Chiesa, forma un tutt’uno il convento dei carmelitani che abbandonarono il territorio nel 1866 circa.

“E chiamamula cu potenza : Viva Maria di l’udienza!” : la festa sacra e la festa profana.
I festeggiamenti in onore della patrona di Sambuca si svolgono ogni terza domenica di maggio dal 1575: fu proprio in quella data che secondo il credo popolare Maria ascoltò, diede appunto ”udienza”, salvando al popolo dalla peste che affliggeva allora la Sicilia. 
La storia racconta che la statua venne fatta trasportare da Mazara del Vallo da un membro della Famiglia Sciarrino, a cui l’ordine dei cavalieri gerosolomitani di San Giovanni di Rodi vendette i terreni con la torre del Cellaro e il mulino; il sito si trova a circa un chilometro dal Borgo, nella valle dei mulini, vicino il lago Arancio; nel 1503 la tenuta venne affidata a Giacomo Sciarrino di Mazara del Vallo fino al 1702 quando divenne proprietà dei cavalieri ospedalieri. La statua della Madonna, così come da tradizione, venne posta a protezione della torre e della tenuta. Non a caso, in molti castelli e luoghi fortificati sono dedicati e adornati da immagini della Madonna: uno degli appellativi di Maria è appunto “Turris Eburnea” o “Torre di Davide”  .
La leggenda racconta che un contadino andò a raccogliere erba presso la zona e mentre prendeva della cicoria si accorse della statua che venne trasportata per le vie della città allora afflitta dalla peste, nella speranza che si compisse il miracolo, e così avvenne: la peste, cominciata nel 1575 cessò la domenica del 20 maggio 1576.
Fu proprio questo miracoloso evento che diede vita alla plurisecolare devozione.

La “scinnuta”, ovvero la discesa della statua dalla nicchia della chiesa e la sua messa nella vara è accompagnata da preghiere e canti tradizionali, in dialetto antico dai devoti.
I festeggiamenti, che durano una settimana, si aprono con la rievocazione storica dell’evento: le strade si riempiono di cittadini che racconteranno in abiti storici il lazzaretto, gli appestati, sfilando per le vie del borgo rievocando la storia di quella comunità che molto ha a cuore la loro Patrona.

Corso Umberto I, viene allestita con archi alla veneziana, luminarie storiche, mentre il prospetto della Chiesa del Carmine ridisegnata con luminarie che rievocano simboli mariani.  
La festa prosegue con la processione del simulacro della statua della Madonna, che passa per le vie del centro portata a spalla dai membri della Confraternita, caratterizzati da abiti ricamati. Lungo le vie, particolare è la fermata sotto undici corone che rappresentano i quartieri del paese: durante la sosta è tradizione popolare dei residenti che ivi abitano di offrire dolci, cibi e bevande, accompagnate da danti e dai tradizionali fuochi di artificio: la processione dura tutta la notte.
Per sette lunghi giorni, il Borgo è caratterizzato da numerosi festeggiamenti : il Palio dei quartieri, sfilate, concerti, e fra i più sentiti la sagra delle “Minni di Virgini”, tradizionale e tipico dolce del luogo.


Sito in Corso Umberto I, ospita le opere dell’artista parigina Sylvie Clavel.

 L’artista dei nodi e degli intrecci, attraverso una fitta trama di fili legati insieme crea e dà vita a straordinarie figure reali e fantastiche annodando e intrecciando unicamente con le dita. Le sue creazioni, legate a figure tribali, immaginarie o reali, connesse ad archetipi mitologici o tribali sono uniche nel mondo.

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