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Il Giardino del Gattopardo è sicuramente uno dei luoghi più rappresentativi del famoso romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che con i suoi 4100 mq offre una vera e propria immersione fatta di ricordi visivi, profumi e sensazioni che lo scrittore visse durante la sua infanzia. Il giardino, è inserito nel contesto urbano e collocato su un piano più basso del complesso monumentale del Palazzo Filangeri Cutò.

Questo “paradiso di profumi”, come lo scrittore lo definisce ne “Ricordi d’infanzia”, rappresenta non solo un simbolo del romanzo ma anche un importantissimo patrimonio artistico, culturale e architettonico, confermato dalla convenzione stipulata dal Comune di Santa Margherita di Belice con la Regione Siciliana attraverso l’ Azienda Foreste Demaniali e con l’Università degli studi di Palermo che grazie ad una fitta collaborazione hanno portato al ripristino e alla valorizzazione del Parco, delle sue architetture ma soprattutto della ricca e variegata flora.

Di fatto questo Eden si caratterizza dalla presenza di numerose specie diverse, appartenenti ad altrettante famiglie vegetali, molte delle quali rare e affascinanti per bellezza e caratteristiche.

Realizzato sul finire del XVII secolo da maestranze palermitane, esso si caratterizza per un canale d’acqua sotterraneo che ha consentito alle piante la sopravvivenza fino ai nostri giorni ed in particolare durante il periodo di abbandono avvenuto durante il XX secolo.

Durante il Settecento, il giardino era ricco di piante esotiche, aranceti e nella grande fontana, trovavano spazio le anguille del fiume Belice per i banchetti del Principe. Durante il 1812-1813, Nicolò I Filangeri, ospitò nel palazzo il Re Ferdinando, la Regina Maria Carolina di Napoli e Sicilia ed il Principe Leopoldo. Proprio in riferimento a questo evento, Giuseppe Tomasi chiama il borgo descritto nel Gattopardo, Donnafugata in onore della Regina scappata da Napoli.

Il giardino, è collegato al Palazzo Filangeri Cutò dalla Scala di Leopoldo, possiede due viali principali da cui si diramano numerosi vialetti secondari che permettono di inoltrarsi e perdersi nella vasta area verde; ove si intersecano le vie principali è possibile ammirare una fontana a forma di quadrifoglio.

Il Dipartimento di Scienze Botaniche dell’università di Palermo ha individuato la presenza di un piccolo boschetto di bambù che sorge vicino ad una delle quattro fontane, piante ligustri, numerose palme di vario genere, pini, lecci e Nolina Longifolia, pianta molto rara in Sicilia, numerose aiuole, siepi di alloro, bordure di bosso. Di particolare rilevanza e bellezza è il cosiddetto “Giardino delle yucche”, chiamato così per la presenza delle Yucche Elephantipes.

Sono inoltre presenti una voliera, una serra e quattro bellissime fontane: due dalla forma a quadrifoglio, la più grande circolare con al centro un piccolo isolotto caratterizzata da piante acquatiche e l’ultima della dei bambù per la presenza di tali piante.

Il muro che delimita uno dei viali, fa da cornice ad un altro polmone verde della città il Parco della Rimembranza, un tempo probabilmente sede della gabbia delle scimmie.

Attorno all’area del Giardino Storico del Parco, cioè di quel che rimane dell’impianto originario del giardino “formale”, esistono altre aree che circondando il complesso monumentale costituito dal Palazzo e dai resti della Chiesa Madre, quali il Parco della Rimembranza, i cortili del Palazzo e gli spazi contigui, il Giardino delle Yucche.

All’interno è stato inaugurato il Museo delle Cere, con scene tratte dal romanzo e film di Luchino Visconti, il Museo del Gattopardo, ove è esposta una copia autentica dell’originale manoscritto e del dattiloscritto del Principe, donata da Gioacchino Lanza Tomasi, appunti, lettere, documentazione e foto d’epoca dello scrittore. Un documento assolutamente unico nel suo genere è una registrazione su nastro della voce dello scrittore: la registrazione, nata per scherzo dopo un regalo, contiene la voce dello scrittore che recita uno dei suoi racconti intitolato “Lighea”.

Il Giardino fa parte del Parco Letterario del Gattopardo.

 

I Parchi Letterari sono luoghi difesi dalla dimenticanza, dall’incuria che il tempo serba alla memoria, spazi fisici ove è possibile fare un tuffo nel passato e riportare alla luce le immagini, i ricordi di un epoca nascosti nell’oblio;  sono Riserve protette che tutelano i ricordi, territori in cui è possibile riscoprire la vita, l’emozione di una pagina letteraria vagando fra mete ed itinerari i luoghi che l'hanno ispirata.

La loro importanza è tale da esser finanziati dalla Fondazione Nievo, dal Touring Club Italiano e dall Comunità Europea.

Il Parco Letterario intitolato a Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) comprende un vasto territorio della Sicilia occidentale che da Palermo (la sede palermitana è a ridosso della storica piazza Marina) dove lo scrittore nacque e scrisse Il Gattopardo, si estende a Santa Margherita di Belice nello splendido Palazzo Filangeri Cutò, dove trascorse l'infanzia e a Palma di Montechiaro ( sede Palazzo Ducale), feudo di famiglia. Tre luoghi non solo contribuiscono alla realizzazione delle numerose iniziative che ivi si svolgono, ma sono realmente gli scenari delle pagine del suo romanzo più famoso e importanti ricordi dell'autore.

Pubblicato dopo la sua morte avvenuta nel 1958, il romanzo “Il Gattopardo” divenne celebre per il film di Luchino Visconti, con Burt Lancaster, Claudia Cardinale e Alain Delon, Il romanzo narra la storia del Principe di Salina e della sua famiglia nella Sicilia dello sbarco dei Mille all'alba della fine di un regime e rappresentò un caso letterario clamoroso.

Il Parco, è un'articolazione di suggestioni e di luoghi. Come Palermo, fascinosa ed enigmatica città che "il Gattopardo "descrive in uno dei ricorrenti momenti di transizione e di grandi cambiamenti che una magia tutta siciliana riesce a riassorbire in immobilità. Gli itinerari del Parco Letterario la percorrono per gran parte del centro storico includendo la residenza della famiglia Tomasi e Villa Boscogrande, set di alcune scene del film di Visconti.

Il Parco non è solo una rivisitazione dei luoghi dell’Autore e dei suoi scritti, ma è anche produzione di idee e di attività culturali: Museo delle cere, caffè letterari, concerti, attività teatrali, itinerari sentimentali, degustazioni di prodotti tipici.

A partire dal 2003, il Parco è sede del prestigioso Premio Letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa, conferito a scrittori  le cui opere e tematiche sono legate all’incontro di culture, popoli, diversi. Numerosi sono stati gli ospiti che hanno impreziosito il Premio: Claudia Cardinale, Luca Zingaretti, Michele Placido, Franco Battiato, Leo Gullotta, Angelo Branduardi e numerosi altri ancora.

Fra gli scrittori premiati ricordiamo : Abraham B. Yehoshua, Tahar Ben Jelloun, Kazuo Ishiguro, Amos Oz.

Felice da Sambuca, al secolo Gioacchino Viscosi, nacque a Sambuca di Sicilia (Agrigento) il 13 agosto 1754, da Antonino Viscosi e Laura Gullotta, sesto figlio della coppia.

All'età di ventuno anni, entrò nel convento dei cappuccini di Monte San Giuliano (oggi Erice), dove il 17 settembre 1755 fece professione religiosa e indossò il saio francescano con il nome di Felice da Sambuca. Di lui, oltre alle innumerevoli opere, si conservano due ritratti; uno è nel convento dei cappuccini di Palermo e l'altro nella città natale.

Ebbe una prima formazione a Sciacca, presso la scuola del pittore Francesco Aversa e, in seguito, trascorse un breve periodo a Palermo presso la bottega di Olivio Sozzi (1690 - 1765), dove entrò in contatto con Vito D'AnnaMariano RossiGaspare Serenario e Gioacchino Martorana. Mentre, secondo altri, è più probabile - come ha proposto lo storico Citti Siracusano - che intorno al 1751, sia stato discepolo del confratello Fedele da San Biagio pittore siciliano.

A Sambuca, suo paese natale, realizzò le sue prime opere, tra cui un dipinto murale ad affresco con il "Transito di san Giuseppe" (oggi in parte andato parzialmente disperso) e alcuni dipinti su tela con "Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani" ed "Evangelisti" eseguiti nel 1760 per il convento dei cappuccini; inoltre, eseguì alcuni cicli di dipinti murali ad affresco per le chiese di Santa Caterina d'Alessandria, di San Calogero, di San Giuseppe, del collegio di Maria e dell'orfanotrofio.

Nel 1768 venne inviato a Roma: durante questo periodo eseguì un grande dipinto su tela con il "San Bernardo da Corleone in gloria" e cinque tondi ad olio con "Fatti e virtù del santo", che sono andati dispersi.

Mentre, attualmente, si conservano nella Chiesa di Santa Maria Immacolata tre sui dipinti, olio su tela, che raffigurano: "Madonna con Gesù Bambino appare a san Bernardo da Corleone" e una Coppia di dipinti con "Morte del giusto" (detto anche Buona morte) e "Morte del peccatore" (o Cattiva morte): le due opere presentano soggetti devozionali dall'evidente contenuto didascalico e didattico molto richiesti dalla committenza religiosa e più volte riproposti dall'artista, i cui bozzetti sono attualmente conservati nel convento dei cappuccini di Caltanissetta.

Nell'Istituto storico Frati Cappuccini di Roma sono custoditi, inoltre, quattro bozzetti con le "Storie della vita di san Lorenzo da Brindisi".

Si datano fra il 1770 e il 1771 i dipinti, olio su tela, per la cappella di san Bernardo nella chiesa dei cappuccini di Burgio (Agrigento) e la pala d'altare nella Chiesa di Santa Maria della BagnaraCastronovo di Sicilia. (Palermo).

Nel 1777, Felice da Sambuca, fu trasferito nel convento di Torricchio, frazione di Uzzano (Pistoia) dove rimase per quasi un anno e dove lavorando con grande alacrità, eseguì molti di dipinti per le chiese e conventi della Toscana. In particolare, per la Chiesa di San Pietro Apostolo a Buggiano, comunemente nota come Santuario del Santissimo Crocifisso, eseguì i dipinti, olio su tela, raffiguranti: "Quo vadis Domine", "Guarigione del paralitico", "San Pietro liberato dal carcere", "San Pietro e la caduta di Simon Mago", "Miracolo di san Francesco di Paola".

Nel convento di Torricchio, sono conservati: "Madonna con Gesù Bambino in trono tra san Bernardo da Corleone e san Felice da Cantalice", "Martirio di san Fedele da Sigmaringen e di san Giuseppe da Leonessa", "Incoronazione di spine", "Madonna addolorata".

Nella fase toscana, si notano anche i dipinti, olio su tela, attualmente collocati nel Seminario vescovile di Pistoia, ma provenienti dal convento dei cappuccini della stessa città, che presentano:  "Predica di un santo francescano"; "Beato Bernardo da Offida".

Infine, sempre nel territorio pistoiese, gli viene attribuita la pala d'altare della Chiesa di San Bartolomeo a Collodi, frazione di Pescia, raffigurante: "Madonna con Gesù Bambino in gloria tra angeli con sant'Agatasan Girolamo e le anime del Purgatorio "(1777-1778), olio su tela.

Dopo il suo ritorno in Sicilia, Felice da Sambuca continuò a lavorare alacremente per chiese e conventi di tutta l'isola, dedicandosi in prevalenza a quelli dei Ordine dei Cappuccini, ma lavorando anche per gli altri. La sua lunga e vasta della produzione siciliana è dovuta soprattutto alla rapidità di esecuzione e alla tendenza alla ripetitività dei soggetti sacri - esortata dai committenti - che lui riproponeva più volte, anche se con alcune varianti.

Tra i dipinti più significativi e pregevoli si ricordano quelli conservati presso il Convento dei Cappuccini di Sciacca (Agrigento):

Davide, Geremia, Gesù Bambino, Gesù Bambino appoggiato alla croce, Gesù Bambino e il san Bernardo da Corleone, Madonna di Loreto, Madonna addolorata, Madonna dei miracoli, Madonna vigila Gesù Bambino dormiente (detto anche Veglia materna), Storie della passione di Gesù Cristo, Santa Maria Maddalena

Nella chiesa cappuccina di Menfi (Agrigento) si conserva la Lavanda dei piedi.

Nella Chiesa dei Cappuccini di Caltabellotta (Agrigento),  vi è una pala d'altare con Madonna con Gesù Bambino e santi e frati cappuccini in adorazione.

Le opere del frate si trovano : nella chiesa delle benedettine di Naro (Agrigento), attualmente conservati nella Biblioteca Feliciana dipinti raffiguranti la Madonna delle Rose, san Gregorio Magno e la guarigione di Tobia, 

Nella Chiesa di San Clemente(detta anche Sant'Annedda) a Salemi (Trapani), dove realizzò il ciclo di dipinti, olio su tela, con Storie della vita di Gesù Cristo, tra i quali si notano: la Natività, Adorazione dei Magi, Fuga in Egitto, Battesimo di Gesù.

per la Chiesa dell'Immacolata Concezione sempre a Salemi (Trapani), dove eseguì alcuni interessanti dipinti che presentano: Lavanda dei piedi, Flagellazione, Crocifissione.

A San Cataldo (Caltanissetta), la Chiesa di San Francesco d'Assisia eseguì un dipinto , inserito nella mostra lignea dell'altare maggiore, raffigurante: "Madonna con Gesù Bambino tra san Michele arcangelosan Giuseppesan Cataldosan Francesco e santa Chiara d'Assisi."

Una delle opere più impegnative e di maggiore interesse dell'artista è costituito dal ciclo di cinque dipinti, olio su tela, con Storie della vita di San Benedetto da Norcia eseguiti intorno al 1780 per la Chiesa di San Benedetto di Partanna(Trapani).

Alcune opere furono realizzate dal pittore a Caltanissetta, molto probabilmente durante un suo soggiorno presso il Convento dei Cappuccini in contrada Pigni, oggi conservate al Museo Diocesano "Giovanni Speciale". 

Nelle opere nissene sopradescritte e in genere in tutti i suoi dipinti a soggetto sacro, l'artista mostra di essere sia ancorato schemi e canoni tradizionali dettati dalla Controriforma, sia influenzato dai toni solenni e convenzionali della pittura settecentesca d'impianto classicistico e accademico.

Nell'isola, eseguì ancora alcuni interessanti dipinti che si trovano ad Alcamo, Corleone, Ciminna, Cefalù.

Fra le ultime sue opere vanno menzionate le grandi pale della chiesa di SS Maria Addolorata di Marsala, datate 1790.

Felice da Sambuca trascorse gli ultimi anni della sua vita nel convento dei cappuccini di Palermo, dove nell'anno 1800 dipinse alcune pale per gli altari laterali della Chiesa di San Francesco a Naro (Agrigento), tra cui l'allegoria della Fede, Morte del Peccatore, Gesù Cristo Redentore appare a San Calogero.

Per la beatificazione del Ven. Fra Bernardo da Corleone, pure Cappuccino, Fra Felice fu chiamato in Roma a dipingere quadri per adornare la basilica di S. Pietro. Fra Felice li dipinse in pochi giorni, per cui il Sommo Pontefice lo nominò Principe di Accademia.

Morì il 4 dicembre 1805 all'età di 71 anni e dopo 51 anni di vita religiosa nel convento dei Cappuccini a Palermo.

Su istanza del Rev. P. Lorenzo di Palermo, Vicario Provinciale, il 29 marzo 1817, il cadavere di Fra Felice fu esumato e collocato in sito più onorifico a destra dell’altare maggiore della detta Chiesa dei Cappuccini di Palermo, ove si conserva tutt’ora. Dentro la cassa che contiene il cadavere fu posta una bottiglia di vetro dentro la quale fu chiusa una pergamena

A memoria ed onore del frate cappuccino, il 22 aprile 2018, a Sambuca di Sicilia (Ag), è stata inaugurata una targa commemorativa alla casa del noto pittore siciliano. Alla Presenza del Sindaco Leonardo Ciaccio, del vice sindaco Giuseppe Cacioppo, dell’assessore Maria Mulè e di altre personalità convenute, il Ministro Provinciale di Palermo, fr. Salvatore Zagone, ha benedetto la targa posta in Via Roma, Cortile Viscosi:

«In questa casa il 13 agosto 1734 nacque / Fra Felice da Sambuca / al secolo Gioacchino M. Antonio Viscosi, frate cappuccino e pittore insigne / che ha predicato col suo virtuoso esempio / ed evangelizzato attraverso le sue opere / che ebbero vasta e meritata

 

L'emblema della pasticceria tradizionale di Sambuca di Sicilia sono le cosiddette “Minni di Virgini”

Le “Minni di Virgini” hanno una storia molto suggestiva, si racconta infatti che la loro nascita come prodotto dolciario fosse dovuto alla mente di suor Virginia Casale di Rocca Menna appartenente al collegio di Maria che nel 1725 in concomitanza del matrimonio tra i marchesi Pietro Beccadelli e Marianna Gravina inventò tale dolce.

Dal punto di vista visivo le “Minni di Virgini” ricordano la forma dei seni femminili sebbene la suora aveva riferito, tramite alcuni scritti rinvenuti fino ai giorni nostri, che prese ispirazione dalla forma delle colline circostanti.

Le “Minni di Virgini” sambucesi sono state riconosciute dal ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali tra i prodotti agroalimentari tradizionali. 

La chiesa, si trova su corso Umberto I, ed è la parte superstite del monastero delle Benedettine fondato nel 1515 ed affiancato ad un chiostro, successivamente demolito per costruirvi la Piazza. Sono stati entrambi fondati dal nobile Giovanni Domenico Giacono d’Irlanda, il quale con un testamento nel 1515 volle che i suoi beni fossero lasciati in dono alla chiesa. L’edificio è in stile Barocco,  a una sola navata e l’interno si manifesta per i suoi stucchi, realizzati nel Seicento da Vincenzo Messina, scultore attivo anche a Palermo e contemporaneo di Giacomo Serpotta.

La struttura originaria comprendeva nella parte centrale la chiesa e in quella laterale il monastero, oggi adibito ad uffici comunali ed a casa canonica, mentre nel lato destro vi era il chiostro che confinava con la via del Mercato (oggi via Roma) e nella parte posteriore con la Via Telegrafo.
Avvenuta la soppressione delle corporazioni religiose in seguito all'emanazione delle leggi eversive, il fabbricato con giardino e cisterne, e tutto il gran patrimonio del Monastero, fu incamerato dal fondo per il culto. 
L'intero fabbricato fu successivamente ceduto al comune che in parte lo adibì a scuole elementari femminili, il resto fu abitato dalle monache superstiti alla soppressione sino al giorno 3 settembre 1907.
Nel 1927 gli amministratori del tempo fecero demolire del tutto la parte del fabbricato a destra della chiesa, per realizzare Piazza della Vittoria e il monumento ai caduti nella Grande Guerra.

La facciata principale delimitata da robuste paraste, presenta una scala che conduce al piano della navata.
Il portale con architrave sormontato da finestra con grata. La prospettiva in alto è chiusa da un semplice cornicione.
L' Impianto rettangolare ad una sola navata colpisce per il pavimento in maiolica di Burgio risalente alla seconda metà del Settecento.
L'apparato decorativo in stucco fu una delle prime opere giovanili di Vincenzo Messina, allievo formatosi alla scuola dei Serpotta. Gli ornamenti comprendono statue raffiguranti le allegorie delle quattro Virtù, cariatidi su colonne, cartigli, conchiglie, festoni, corone, fusti, cornici, ghirlande, mensole, pinnacoli, pendenti, putti e angioletti, quadroni, riccioli, volute, stemmi, armi, particolari rifiniti tra motivi fitomorfi a foglia d'acanto.

Ciclo di affreschi, sulla volta è raffigurato il Matrimonio mistico di Santa Caterina realizzato da Fra Felice da Sambuca.
Degne di nota anche le statue di San Mauro e San Placido, cofondatori dell’ordine benedettino, e l’Eterno Padre. Tra le opere che arricchiscono la chiesa vi è una grande pala di altare di Fra Felice da Sambuca che raffigura la glorificazione del Marchese Don Pietro Beccadelli che dotò e arricchì il monastero e la chiesa di rendite e di opere d'arte. 
Nel 1721 in onore delle nozze del principe con donna Marianna Gravina Lucchesi che suor Virginia Casale di Rocca Menna – religiosa del Collegio di Maria di Sambuca – creò i dolci denominati "Minni di virgini".

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